Il Casinò dell’Aurora va all’asta

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Il 2022 si è aperto con uno degli eventi più attesi dell’anno. Il Casinò dell’Aurora è stato messo all’asta e, anche se non è ancora stato trovato un acquirente, l’edificio è uno dei più ricchi e importanti del Paese. Una volta parte della tenuta Ludovisi, grande appezzamento dove, dopo l’Unità d’Italia, è stato creato il quartiere omonimo, il Casinò è uno dei pochi edifici superstiti della tenuta insieme a Palazzo Grande.

Perché il Casinò va all’asta?

In seguito alla morte del Principe Nicolò, ultimo rampollo della famiglia Boncompagni-Ludovisi antichi proprietari della tenuta, gli eredi non riescono a trovare un accordo per quanto riguarda l’eredità. La disputa vede da una parte la vedova Rita Jenrette, dall’altra i figli nati dal primo matrimonio del Principe, Bante Maria, Ignazio Maria e Francesco Maria. Dal 2018, anno della morte del Principe, le due parti sono in causa tra di loro, tra carte bollate e pignoramenti che, però, nessuno di loro può riscattare. Il Tribunale di Roma, quindi, ha deciso di mettere all’asta l’immobile. Il professor Alessandro Zuccari, storico dell’arte incaricato di dare un valore alla villa e agli annessi, ha stabilito una base d’asta di ben 353 milioni di euro, che è addirittura inferiore al valore stimato dell’immobile, che si aggira intorno ai 471 milioni.

Perché un valore così alto?

Bisogna innanzitutto precisare che la famiglia Ludovisi, poi diventata Boncompagni-Ludovisi, entrò in possesso della villa nel 1662, grazie al cardinale Ludovico. Quest’ultimo, probabilmente per un regalo dello zio, papa Gregorio XV, acquisì prima la porzione dove ora sorge il Casinò dell’Aurora, poi comprò dalla potente famiglia Orsini la parte di terreno dove realizzerà Palazzo Grande e infine acquistò alcune vigne intorno dalle famiglie Altieri, Capponi e Cavalcanti. Ne risultò una proprietà sconfinata, di ben trentacinque ettari, che andava dalle Mura Aureliane alla via Salaria, da Piazza Barberini a Porta Pinciana, in quello che oggi è il quartiere più ricco di Roma. In breve, tutto il quartiere oggi chiamato proprio Ludovisi, attraversato dall’attuale Via Veneto. Per il restauro degli edifici il cardinale si affidò al Domenichino, al secolo Domenico Zampieri, uno dei più importanti pittori del classicismo italiano. Inoltre, nel parco piazzò tutta una serie di statue romane, in parte conservate in un museo privato. Alcune di queste si trovano oggi al Palazzo Altemps, come il Sarcofago Ludovisi, il famoso Galata suicida e tante altre, poiché, nel 1901, lo Stato italiano le comprò.  Non è chiaro se anche del parco, che stupì visitatori del calibro di Johann Wolfgang von Goethe, Nikolaj Vasil’evič Gogol’ e Gabriele D’Annunzio, si occupò lo stesso Domenichino o se fu affidato ad André Le Notre, lo stesso giardiniere che, sotto il Re di Francia Luigi XIV, il Re Sole, curò i giardini della maestosa Reggia di Versailles. Dopo la caduta dello Stato della Chiesa e l’annessione di Roma al Regno d’Italia nel 1870, la famiglia Boncompagni-Ludovisi iniziò a cedere alcune proprietà alle società che si occupavano della realizzazione del quartiere di Via Veneto. L’unico palazzo superstite fu, per l’appunto, il Casinò dell’Aurora. Nacque così uno dei quartieri più belli e iconici della Città Eterna, reso immortale da un capolavoro cinematografico quale La Dolce Vita di Federico Fellini, e oggi in fase di rilancio grazie agli investimenti nel settore alberghiero.

La storia del Casinò e di Caravaggio

Prima di appartenere alla famiglia Ludovisi, però, la villa era di proprietà del cardinale Del Monte, che l’aveva fatta costruire. Francesco Maria Del Monte, che si trovava a Roma per conto della potente famiglia fiorentina dei Medici, abitava in quello che oggi è Palazzo Madama, sede del Senato, e aveva nella villa dell’Aurora la propria residenza estiva dal 1595. La villa, chiamata “belvedere” o Casinò Del Monte, era opera dell’architetto Carlo Maderno, e sorgeva dove si trovava la villa di Cecchino Del Nero, tesoriere di papa Clemente VII, anche lui appartenente alla famiglia Medici (nato Giulio Zanobi de’Medici, era figlio di Giuliano, assassinato durante la congiura dei Pazzi, e suo zio era il famoso Lorenzo, il Magnifico). In quegli anni il cardinale Del Monte ospitò e protesse Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, e fu proprio il grande artista a decorare, nel 1597, il soggetto sul soffitto con un dipinto murale raffigurante Giove, Nettuno e Plutone (tre dèi fratelli nel mito greco-romano, noti in Grecia come Zeus, Poseidone e Ade) visti dal basso attorno ad una sfera celeste con dei segni zodiacali. Il cardinale era infatti appassionato di alchimia e i tre dei erano associati ai tre stati alchemici degli elementi. Ade/Plutone, dio dell’oltretomba che abitava sotto terra, rappresenterebbe lo stato solido, legato all’elemento Terra. Poseidone/Nettuno, dio del mare, quello liquido, legato ovviamente all’elemento Acqua. Infine Zeus/Giove, Re degli dei e signore della folgore, quello gassoso, legato all’elemento Aria. Dopo il restauro avvenuto nel 1990 la storica dell’arte Mina Gregori ipotizzò che i volti di tutti e tre gli dei fossero autoritratti dello stesso Caravaggio, ipotesi attualmente considerata abbastanza sicura. Il prezzo esorbitante della villa è quindi legato anche al fatto di ospitare l’unico dipinto murale noto di Caravaggio. Il nome “Casinò dell’Aurora” deriva da un’altra pittura murale, realizzata anch’essa sui soffitti della struttura. Si tratta de L’Aurora di Giovanni Francesco Barbieri, meglio noto come Guercino. Il dipinto, datato 1621, raffigura Eos, la dea greca personificazione dell’Aurora, su un carro trainato da due cavalli pezzati.

Il prezzo e le petizioni

Data la sterminata mole di opere presenti all’interno della villa, non c’è da stupirsi che la cifra fissata per l’acquisto dell’immobile sia così alta. Il problema, però, è che le opere non sono commercializzabili sia per vincoli giuridici che per motivi fisici (sono pitture realizzate direttamente sui muri). L’edificio, inoltre, non può essere modificato perché sotto controllo della Soprintendenza, quindi un eventuale nuovo proprietario non potrebbe neanche trasformarlo in albergo. Ecco perché alla prima asta non è stata presentata alcuna offerta e, probabilmente, questa situazione andrà avanti ancora per molto. Lo storico dell’arte Tommaso Montanari ha proposto che l’edificio venga acquistato dallo Stato, ed è stata lanciata anche una petizione a riguardo.

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